Stand 5, Pad. 4, Esposizione di 10 gradi tele inedite di Amleto Bertrand, a dieci anni dal suo ultimo vernissage.
Amleto Bertrand in Esposizione e l'intero Stand 5, al Padiglione 4 della Fiera ARTEPADOVA
Dr. Teodosio Martucci: Retrospettiva di Amleto Bertrand ad ARTE FIERAPADOVA dal 12 al 15 Novembre 2021
AMLETO BERTRAND - RETROSPETTIVA ad ARTE FIERA PADOVA con la collaborazione di Nova Gallery e ItaliartNetwork Nella definizione dell’identità artistica e culturale di Amleto Bertrand (1927-2010) di grande importanza si è rivelato il contatto diretto con l’arte impressionista, studiata ed “appresa” in loco durante gli anni giovanili trascorsi nella capitale francese. L’impressionismo è il nucleo da dove si originerà l’arte europea del XX secolo. Da Mosca a Londra, da Berlino a Firenze si guarda alle innovazioni che sorgono dalla pittura di Monet, Manet, Pissarro, Renoir. Questo è il punto di partenza da cui inizia il viaggio di Bertrand nell’arte contemporanea nel cuore del XX secolo. Il novecento sul piano artistico è l’epoca delle avanguardie storiche (cu- bismo, surrealismo, futurismo, dadaismo,etc.) che Bertrand osserva con interesse, forse persino con coinvolgimento, tuttavia in esse avverte istintivamente un eccesso di formalismo, di dottrina astratta, quindi una sorta di limite alla creatività, considerata in primis nella sua sfera più strettamente emozionale e, proprio per questo, veritiera. Ma l’esperienza con la pittura im- pressionista ha il pregio di condurre la sua ricerca verso l’area del cosiddetto informale, che Bertrand ha la fortuna di incontrare negli anni cinquanta e sessanta del novecento in un momen- to di particolare suggestione per l’arte italiana ed internazionale.La sua arte allora, come presa da una forza irresistibile, si avvita attorno al tema della natura-materia, considerato in un riferimento quasi cosmogonico. L’arte per lui deve essere percezione e concretizzazione plastica di questa tensione verso il futuro. E da questo punto di vista allora non sono affatto episodici o saltuari gli stimoli che gli provengono anche dallo spazialismo di Fontana, da cui tuttavia Bertrand si distingue per una concezione del futuro in cui la tecnologia appare forse nel suo volto inquietante, più che possibilmente liberatorio. Le opere che sono state presentate nella significativa rassegna di ARTEPADOVA, allestita dal 12 al 15 novembre 2021, con la collaborazione di ARS NOVA GALLERY e ITALIART NET- WORK, documentano il senso profondo della ricerca di Bertrand, la sua particolare sensibilità nell’afferrare simbolicamente e plasticamente il nucleo palpitante della materia e renderla realtà viva, quasi esistenziale. Composizioni, le sue, la cui genesi sembra essere il prodotto del caso, del destino, di eventi fortuiti, ancorché imprevedibili. La materia nella sua evoluzione é mistero indecifrabile, questo il principio artistico, il filosofico lascito intorno al quale ruota la fantasia espressiva di Bertrand. Un mistero che permane, forse, ancora più coinvolgente, quando negli anni settanta la sua espressività si confronta con la realtà dell’oggetto puro, quasi fosse un’apparizione neo-metafisica volta a sovvertire la percezione, ad alimentare nuove riflessioni su es- tetica e realtà nell’incipiente società dei consumi. Qui, a livello compositivo, si solidificano nuovi equilibri formali che alludono a vari momenti, dal design al totemico, dal concettuale al galattico, sempre significativamente presi nella rete del- l’oggetto-icona. Dalla fusione tra realtà informale e tensione dell’oggetto nasce un aspetto forse non del tutto conosciuto di Bertrand, tuttavia foriero di affascinanti sorprese:la sua scultura. Vero punto d’incontro tra materia, oggetto e simbolo. Da notare che pittura e scultura non sono due linee separate oseparabili nell’opera complessiva di Bertrand, ma la naturale evolu- zione di una tensione creativa che al di là delle appartenenze storiografiche o delle soluzioni formali adottate, è in realtà unitaria, tanto sul piano del sentimento, quanto su quello del più specifico sapere artistico. Ed è all'in- terno di una cultura artistica europea che va letta ed interpretata l’opera di Bertrand, se si vuole sfuggire a possibili stereotipi di corto respiro, e se si deside- ra veramente restituire della Sua opera una valutazione più sensibilmente coerente. Opera che è capace di parlare con inediti accenti di poesia e coinvolgimento all’uomo smarrito, cupo, di questo inizio di millennio. Dr. Teodosio Martucci (da Artecultura Ottobre 2021)
clic sulla mostra, al centro Amleto Bertrand 'Memorie del tempo', mis. 60x80, anno 1970
Amleto Bertrand 'Memorie del Tempo', 60x80cm., olio su tela, anno 1970, che é parte della Collezione permanente del MACRO di Roma
Dott. Costantino D’Orazio, Curatore della MOSTRA al MACRO di ROMA Via Nizza, fino al 26 Novembre 2017
Il dipinto di Amleto Bertrand ‘Memorie del tempo’, mis. 50x70, olio su tela, qui esposto, fu acquistato dall’Assessore alla Belle Arti di Roma, On. Adriano Mazzarello, nel lontano 1970 e da quasi cinquant’anni fa parte della prestigiosa collezione d’arte permanente del MACRO.
In allestimento fino al 26 Novembre 2017 al MACRO una Mostra ed Esperimento assolutamente originale, in cui sono stati coinvolti dal Curatore Costantino D’Orazio, Cuoghi Corsello, che hanno esplorato i depositi del museo dove è conservata la collezione permanente selezionando centinaia di dipinti che documentano una stagione della pittura italiana tra gli anni Cinquanta e gli anni Settanta ancora piuttosto inesplorata, In quel periodo il Comune di Roma ha arricchito le proprie Collezioni attingendo spesso a mostre-concorso, rassegne, premi, donazioni di associazioni o enti assistenziali, che hanno permesso di documentare una generazione di pittori che hanno rivolto il loro sguardo al paesaggio italiano, agli interni e ai ritratti, muovendosi nel solco della tradizione figurativa nel Novecento, mentre le avanguardie indagavano altri linguaggi sperimentali. Il loro lavoro testimonia la persistenza della figura nella pittura, non scevra da un senso nostalgico. Cuoghi Corsello hanno costruito un dialogo aperto trai i dipinti, cucito da una installazione al neon prodotta per l’occasione: un filo di luce che solca lo spazio espositivo, animato attraverso una composizione di suoni ideata dagli artisti. Il suono accende il neon, che si trasforma in un fulmine, per irradiare i dipinti estratti dalla collezione del museo.
(da APPUNTI di UNA GENERAZIONE, a cura di Costantino D’ORAZIO, ‘CUOGHI CORSELLO’, Collettiva di dipinti della collezione permanente del Museo, aperta sino al 26 Novembre 2017 a Roma Via Nizza, 134, Roma)
http://www.museomacro.org/
A. Bertrand, estimatori alla Personale 50' di Pittura 'Sala Olimpia Artecultura'-Brera MI, 2007
Dott. Teodosio Martucci
1976, Personale di A. Bertrand alla Galleria d'Arte Moderna Mioccio, A. Bertrand con estimatori e Laura Strani
Dott. M. Battaglia
Amleto Bertrand, pittore e scultore, di origine francese, opera a Milano dal 1953, pluriaccademico. Figura nell’Albo d’oro Artisti Europei, Chieti : ‘’ A. Bertrand guarda la realtà con occhi lucidamente aperti. Il senso quasi angoscioso della spazialità volumetrica, i colori che turbinano in una drammatica girandola gridano il malessere della nostra civiltà…Artista ancorato nel suo tempo …sente e vive profondamente questa allarmante realtà, cui l’uomo è giunto e che egli interpreta nelle opere demitizzandone i contenuti...".
(Recensione da Catalogo della Mostra Personale di A. Bertrand alla Galleria d’Arte Moderna Mioccio, Marzo 1976)
A. Bertrand e L. Strani col Dott. Renzo Cortina alla Personale Galleria Mioccio, Milano - Brera, 1976
Dott. Renzo Cortina, Critico d’arte e titolare della Galleria d’Arte Cavour di Milano
Per parlare di Amleto Bertrand appendiamo subito al più vicino attaccapanni ogni paludamento ufficiale. L’onestà del suo lavoro (che si accorda perfettamente con la sua onestà di uomo e di artista) impone un linguaggio semplice e diretto e rifiuta le acrobazie della critica oscura. Conoscendo Bertrand, si capisce che la sua ricerca, raffinata mai esangue, nasce da una fiducia quasi illimitata nel mezzo pittorico come strumento di comunicazione. Dai lavori figurativi fino alle più recenti esperienze materiche, la ricerca di Bertrand si basa sulla sicurezza del segno e su un uso coraggioso del colore… Perché coraggioso? Perché le insidie del cromatismo sono molte: la minaccia di pose estetizzanti, di decorativismo evasivo, di emotività incontrollata sono continue. In un parola la retorica del colore è una trappola in cui il pittore Don Chisciotte, che continua ad agitare il pennello contro i contemporanei mulini a vento, rischia spesso di cadere. Ma a questo punto torna in primo piano la figura di Bertrand, il suo modo di porsi davanti alla tela come un artigiano e non come uno sciamano scalmanato. Proprio il professionismo artigianale di Bertrand lo salva dall’ovvietà. Il salto qualitativo che fa delle opere dell’artista di Messina una interpretazione e non una riproduzione della realtà (sia pure della realtà inconscia dei grumi di colore) è l’ironia.Bertrand ha intitolato una sua tela del 1971 ‘ Dissacrazione di un pensiero’. Non è un’etichetta casuale un alibi frettolosamente trovato per giustificare operazioni apparentemente superate dalle traiettorie più avanzate dell’arte figurativa. Bertrand non è l’ultimo dei moicani della pattuglia dell’ action painting e non si affida alla casualità del mezzo per trovare il significato del messaggio. Amleto, in accordo del suo nome, dubita: nei suoi quadri è netta l’impronta del dubbio. La sensazione di dubbio si trasmette allo spettatore del quadro di Bertrand e lo invita gentilmente ma fermamente a discutere i significati dei soggetti dei suoi lavori. Non per nulla un’opera di Bertrand è intitolata ‘Introspezione’. In conclusione va detto che le introspezioni di Bertrand non annoiano, perché non sono mai fine a se stesse. Tra tanti falsi maestri un pittore vero.
Amleto Bertrand - interno Catalogo Personale Galleria d'Arte Sistina- Roma Maggio 1970 -2° pag.
Dott. C. Norelli, Giornalista e Critico d’arte di Padova
…Amleto Bertrand, pittore legato alla gente semplice, umile, alla quotidiana fatica dell’uomo, è andato via via affinando la sua coscienza critica, fino ad affrontare temi sempre piu’ complessi, impegnativi. La sua è pittura non di immagini ma di contenuti, di evocazione di una realtà spesso trasfigurata con colori che fiammeggiano in una girandola veloce. E’ il sogno di scoprire il segreto di Promete, calato nei nostri giorni in un uomo che vive nel suo tempo e vi si identifica non senza cercare l’evasione in una trasfigurazione fantastica. (Recensione da Rivista Arredoveneto, Invito all’arte, Padova, 1975).
Mostra Personale di A. Bertrand con A. Giordano, l'attrice Milla Sannoner, ambasciatrice di Brera e il Prof. Domenico Purificato, Direttore Accademia di Belle Arti di Brera alla Galleria d'Arte Braidense Milano, 1973
Dott. Gino Traversi, Critico d’arte milanese
Il dipinto-oggetto era l’inevitabile approdo, punto di congiungimento e realizzazione globale, delle qualità native di Bertrand, che dotato di temperamento plastico, non ha mai rinunciato alla funzione del colore in quanto componente ineliminabile della sua espressione necessitata. La sua scelta operativa, tra le più stimolanti nel dibattito dell’attuale movimento linguistico, è la risultante di una continua ricerca - in direzioni diverse - tendente alla sintesi espressiva, all’oggettivazione di un’equivalente formale del pensiero su cui poggia la sua azione creativa. L’obiettivo del sensibile e schivo artista messinese, di origine francese, l’uomo nel vivo rapporto con la realtà sociale d’oggi. Lo si comprende meglio dalle sue precedenti esperienze – dal naturalismo all’informale, alla neofigurazione - dialetticamente imperniate sulla problematica esistenziale. Passando dalla fase analitica ed interpretativa di una realtà allarmante e densa di indecifrabili presagi ad una visione, in prospettiva, di rinnovata condizione da riconoscere e costruire, l’artista perviene al dipinto-oggetto, una specie di simbolo assoluto di qualità positive e vitalistiche proiettate in avanti. Un superamento dunque dell’aggressività provocatoria dell’oggetto polemico, accessorio, di Rauschenberg, che si attua nella sollecitazione emotiva della superficie modellata e vivificata dalla sua polivalenza plastico-cromatica. Un ritmo che tende a dilatarsi nello spazio, oltre i limiti materiali del campo, in un’ansia di purezza e di attesa dello uomo nuovo.
(da rivista di letteratura e arte "Uomo e immagini" diretta da G.B. Giordano - anno 1973)
Prof. Silvio Ceccato, Scienziato e Professore
…Tuttavia almeno per cominciare confesso che molto piu’ semplicemente m’accade di buttare lo sguardo, qui nella mia stanza d’università, asolatia, su un quadro di Amleto Bertrand, intanto dovrei dire che è spaziale, ma non è facile intendersi sul termine. Se spaziale vuol dire che questa è un’epoca in cui gli spazi navigano e la terra si vede dal di fuori, ma soprattutto da lontano e quindi può sembrare più pulita, meno inquinata, più geometrica, chessò io, e questo deve in qualche modo riflettersi nell’artista che di questo spazio viene impersonato, in Bertrand ci siamo proprio, qui il discorso spaziale dovrebbe farsi più raffinato, forse entra in gioco una metafora, una negazione, quella del mito in uno spazio senza tempo. M’è avvenuto di ricordarmelo anche quando ero via.
(da catalogo ‘Amleto Bertrand’ Personale Centro Culturale-Galleria d’Arte Braidense , P.za del Carmine, Milano, 1973)
Estimatrici e pubblico alla Mostra Personale di Amleto Bertrand presso la Galleria Studio d'Arte 4 di Milano nel Marzo 1973
Angolo dello Studio del Pittore Amleto Bertrand con sue opere, anno 1973
Elio Gino Roda
La favola spaziale di Amleto Bertrand
Erano anni quelli fra il ’45 e il ’50 che poche avanguardie in Europa e nel mondo avevano raggiunto pienamente e compiutamente le loro estetiche. In Italia, anzi, ci si era ripresi con certo furore creativo e a parte Guttuso, Rotella, Burri, Vedova e altri, si riannodavano i fili spezzati della recente guerra e si lavorava guardando ai pittori che già prima della guerra avevano cominciato a tessere una ragnatela di tendenze che, ancora oggi avviluppa fra le sue reti, non poca arte di questo secolo così travagliato eppure interessante. Nelle scompaginate città siciliane e nei paesaggi di quest’isola bellissima, frequenti occhiaie di morte disegnavano una mappa dolorosa a testimonianza di quanto, cruda e lacerante era stata la tragedia. Con la voglia di vivere un’avventura più umana e tante cose da dire, un pittore di razza siciliana, incominciava a disegnare figure umane, poste sempre al limite di una periferia, quasi a ricordare a chi non lo sapesse, la sua stessa estrazione umana e sociale. Intanto cresceva la coscienza della crisi, di quella crisi per intenderci che aveva fatto gli uomini diversi, (forse più cattivi) pieni di contraddizioni, alla ricerca insomma di una nuova dimensione per vivere, per identificarsi con un presente che aveva mutato radicalmente i suoi valori tradizionali, che li aveva sconvolti e soppiantati.
Amleto Bertrand aveva colto tutto questo con il filtro genuino della sua poesia ed ora sentiva agitarsi, dentro le sue mani, un destino diverso; bisognava quindi dipingere, disegnare e raccontare a tutti questo meraviglioso momento di trasformazione. Sul piano estetico, egli durò non poca fatica sino a convincersi a che razza di deità aveva assoggettata la propria pittura, ma su quello della creatività, sentiva agitarsi dentro di sé un fuoco divampante di liberazione, in un misto di gioia-dolore, di rimpianto e di voluttà quasi furibonda. Fu questo allora il momento delle sue grandi (e credo a tutt’oggi) insuperate opere informali, oli che avevano grandi dimensioni e che in un mercato traballante come quello di allora, veni-vano letteralmente inghiottite, risucchiate in un vortice insaziabile. Si arriva così agli anni sessanta, quando si apre una strettissima parentesi neo-informale con un ritorno molto sintetico alla linea che disegna spazi sempre più profondi, in un giuoco di ellissi velocissime, certo a dire le disumane velocità raggiunte dall’uomo. Il giuoco grafico e l’impaginazione delle sue opere, Amleto Bertrand le traccia con scatto re-pentino, come trasognato esecutore di una ineluttabile volontà che lo sovrasta, che lo domina, che da questi suoi disegni, da queste sue opere, trae vitale vigore per continuare, per incantarci ancora una volta con la sua favola spaziale, entro cui noi tutti ci riconosciamo, come tutti i bambini in pinocchio, contenti però che la chiave è in fondo al mare e che quindi nessuno ci potrà scoprire a vagare negli spazi cosmici, in un paesaggio dai colori meravigliosi, in compagnia del maestro Bertrand.
(Recensione da Catalogo Mostra Personale di A. Bertrand presso Studio d’Arte 4 Milano, 28 Febbraio-15 Marzo 1973)
Dott. G.B. Giordano, Pittore e Giornalista milanese
Che Amleto Bertrand, nella sua arte, nell’abbandono trasognato, abbia attinto fino nel profondo della propria memoria alla ricerca di un quid ancestrale di cui ha struggente la nostalgia, è un dato ampiamente accertato; ma che affondi la sonda esploratrice anche nell’inconscio per riportare a galla quei frammenti emozionali stratificazioni oniriche e sensuali, è un elemento altrettanto essenziale che in questa sede intendiamo allargare in un discorso più esplicito e perciò analitico, sia per la portata che noi riteniamo esso rivesta nel contesto pittorico, in rapporto ad una più profonda conoscenza del pittore, e sia per cogliere e codificare gli accenti più sensitivi che pigmentano tutta la tessitura costruttiva dell’arte bertrandiana.
Infatti, come altre volte scritto, mentre i prelievi della memoria danno modo ad invenzioni deliranti i continua espansione entro tutto lo spazio attivo (o attivizzato) e l’impronta grumosa della natura (proprio come presenza generativa ed evolutiva è un elemento primario del suo macrocosmo), questa tenda alla disgregazione e alla trasformazione in accenti lirici o altamente drammatici, rimasti a galleggiare per tutta la superficie del quadro. Ed è in questo allargamento della propria coscienza, del proprio orizzonte psicologico, che certi impulsi risalenti (perché liberatisi con scatto improvviso) dall’inconscio, emanano segnali materici ricchi di ritmi musicali e di luci inquietanti, proprio per un certo senso magico o misterico che riescono a trasmettere al fruitore.
Ma in una ricognizione sia pure affrettata non ci basta segnalare questo brulicare di segnali sollecitanti, vogliamo porre l’accento anche su certe spatolate portate al gesto nervoso e perentorio di suggestiva bellezza ed anche su certi microsegni presenti come fili spezzati di una ragnatela che fanno spicco sulla purezza del colore, colto nella sua immediatezza, e sempre così pronto ad accogliere tra il suo spessore o le sue faglie certi umori sentimentali e compiaciuti che meglio scandiscono l’essenzialità del linguaggio, la scarnificazione narrativa.
Su questo reticolo di segnali, di accenti, di tagli semantici, s’innesta talvolta l’impronta umana materiata, quasi un riporto emblematico ed allarmante di tutta una imagerie inventata e provocatoria, ma vitalistica, che è poi il desiderio di cogliere e fermare l’inquietudine dell’uomo d’oggi così conteso tra precarietà esistenziale e verità.
(Recensione del Dott. G.B. Giordano, giornalista-direttore, da Rivista ‘Uomo e Immagini’ n. 30-33 del 1971)
primo piano di Amleto Bertrand durante una cena d'inaugurazione della Mostra alla Galleria Mioccio di Milano
Dott. Elio Gino Roda, Critico d'arte e Giornalista milanese
In un artista completo come lo è Amleto Bertrand l’impegno della ricerca è senz’altro piu’ profondo, sofferto, lacerante. Risalire infatti dalla quotidianità erosa e banale ad una superficie espressiva di universale lettura, codificare cioè una sintassi, organizzare segnicamente e plasticamente una piattaforma di valori comprensivi di un’essenzialità morfologica, non è cosa poi così semplice. Gli elementi-valore, sono presi in un ditirambo metafisico, sono resi ad una altezza emblematica di spazialità metrica-effettiva oltre che, in una ricognizione feticistica di ‘riporto’ di inquietante problematicità psicologica. Nella coacerva di induzioni-intuizioni, nella delirante liricità percettiva, il reperto drammatico-oggettivo carico di allusioni meta-psichiche che Bertrand ci sottopone, non è più un’esposizione esemplare, non lo è certo nella misura in cui un ‘oggetto’ conserva la sua geografia dimensionale ed onirica. Nella tesi aggressiva, l’oggetto stesso di A. Bertrand lo accusa, proprio perché storico e ‘divinizzato’, colto invero in quell’esito ossessivo che poi ci respinge fisicamente piazzato nel punto focale del quadro e che contesta, come totem della civiltà mistica la nostra condizione di mass-media, la nostra ormai dissacrata divinità.
(Dott. Elio Gino Roda, ‘Amleto Bertrand’ – i Totem della Civiltà mistica’… Milano, 25.2.1970)
Galleria D'Arte Sistina, A. Bertrand con il Segretario dell'Assessore ai Beni Culturali, Roma 1970
Dott. G.B. Giordano, Pittore e Giornalista milanese
E’ da tempo che Amleto Bertrand si è lasciato dietro le spalle l’esperienza prodigiosa ed interessante quale è stata la tematica dell’informale, anche di quella più evolutiva, e risalendo poi fino alla neo-figurazione dal sapore espressionista di piuù vasta osservazione e pregna di una tensione altamente drammatica e inquietante, è sfociato in un nuovo tipo di rapporto più oggettivo e più direttamente verificabile, poiché adesso egli si viene a trovare di fronte alla realtà quotidiana che lo coinvolge nella dinamica della civiltà industriale, graffiandolo con le sue stimolanti sollecitazioni.
Perciò dopo essere pervenuto ad una propria e relativa autonomia percettiva e del colore e della realtà, nel processo di una consapevole contestazione della socialità fittizia della civiltà tecnologica (tentativo di sfuggire l’integrazione), sviluppa ulteriormente i suoi strumenti operativi onde recipere meglio dall’esterno quelle diverse possibilità spaziali che l’oggetto rinvenuto gli puo’ fornire quotidianamente.
E’ nel prendere atto della realtà che lo circonda che Bertrand allaccia dei rapporti problematici (e perciò dialettici) con l’oggetto in una sorta di intenti demistificatori e demitizzanti, senza per questo opporre tra il soggetto e l’oggetto un diaframma oppositivo e acritico per evitare che il frantumarsi di certi valori conosciuti possano scadere in un banale alfabeto di facile rilevamento didascalico, né abbandonando nell’inerzia quella presenza tecnologica preminente per cui questa operazione ridurrebbe a mera registrazione detta presente facendogli perdere quell’obbiettività che informa tutta l’arte contemporanea.
(dal Catalogo della Mostra Personale alla Galleria d’Arte Sistina del Maggio 1970)
A. Bertrand, Dipinto: 'Ricordo di un momento', esposto alla Mostra personale Gall. D'Arte Sistina, 1970, da catalogo
Dott. Alberto Crucillà, Critico d'arte di Roma
…la sensibilità di Bertrand è in continua evoluzione. Resta indubbiamente, prima o dopo il suo manierismo informale, il grande senso drammatico della spazialità volumetrica che traspare in ogni sua opera: una visualizzazione particolare del mondo che ci dà lo slancio dell’uomo proiettato in una traettoria avveniristica. Una realtà quotidiana che lo coinvolge nella dinamica della civiltà industriale e nelle sollecitazioni formali-coloristiche-contenutistiche che ne derivano, pur nelle sue asprezze, nelle sue inquietudini. Un artista della civiltà tecnologica, tutto sommato, che percepisce, senza integrarsi, gli strumenti delle possibilità spaziali del nostro tempo dando, ad ogni oggetto visto dall’esterno, il suo vero contenuto. ‘Oggetto’ è demitizzato poiché riportato nella sua realtà, senza l’aureola meccanica del ‘prodotto’ che il consumismo contemporaneo attribuisce; una realtà che è critica e acritica al tempo stesso, in quanto si pone con coscienza in un diaframma intermedio.
(Recensione da catalogo della Mostra personale di Amleto Bertrand alla Galleria d’Arte Sistina, nel Maggio 1970)
Dott. Enzo De Liso, Giornalista e Critico d’arte sul Radiogiornale di Roma
Artista fin nell’intimità: questo è Amleto Bertrand e, in quanto tale, molteplice è il suo atteggiamento di uomo, la sua posizione di fronte al problema sociale, culturale e religioso, pur se confluendo nell’unicità del motivo umano, elevato ad indice della natura e del creato. Le forze che agitano l’attività artistica di Amleto Bertrand, siciliano, trapiantato a Milano, ricco di ricordi di una natura che non ha mai fatto economia di colori, sono complessi, centrati sul perno di una elevata spiritualità sensitiva, in cui la purezza forma elemento di ricerca al fine di un rinnovato ecumenismo. E siamo quindi tornati all’uomo, come argomento del lungo racconto di Bertrand, assorto in esemplari ‘’studi materici per un nuovo mondo’’, come egli stesso ama definire i suoi sforzi pittorici, le sue esperienze, oltre una concezione artistica ormai stanza, in cui si evidenziano i bianchi, luminosi nel candore, nei puliti riflessi dei sentimenti e delle cose. Istruito quindi a nuove tendenze, Bertrand plasma le sue idee sulla tela o su altra materia, rivelando una pura coscienza. Questa partendo dal subcosciente, senza mai rinnegare se stessa, sorge pian piano, istintivamente dapprima, confortata poi da un più ragionato procedere esplodente in quegli ‘stati d’animo’ che ogni suo quadro rivelano, marcati da un informale sospinto innanzi, molto avanti spesso, sempre capace di far violentemente vibrar le tele. Pittura intellettuale? Si di certo, oltre il resto, in marcia, lungo il difficile cammino dell’esistenza, sino a quell’Uomo crocifisso, esempio vivido della più grande tragedia umana. E’ dunque, questo impegno di Amleto Bertrand, notevole, specie se inquadrato in una prospettiva ove l’arte un po’ lo strumento per più esaltanti conquiste spirituali e sociali, il portentoso verbo per determinare, in una parola, azioni e fatti di progrediente umanità. (Articolo del Dott. Enzo De Liso, Giornalista e Critico d’arte recensito sul Radiogiornale di Roma dell'ottobre 1968)